Una donna faceva cuocere[1] dei ceci. Passò una povera e ne chiese una scodella[2] in elemosina.
– Se li do a voi, non li mangio io[3]! – disse la donna.
Allora la povera le gridò:
– Che tutti i ceci nella pentola diventino figli! – e se ne andò.
Il fuoco si spense e dalla pentola, come ceci che bollono, saltarono fuori cento bambini, piccoli come chicchi di cece e cominciarono a gridare:
– Mamma ho fame! Mamma ho sete! Mamma prendimi in collo[4]! – e a spargersi per i cassetti, i fornelli, i barattoli. La donna, spaventata, comincia a prendere questi esserini, a ficcarli nel mortaio e a schiacciarli col pestello come per farne la purea di ceci. Quando credette d’averli ammazzati tutti[5], si mise a preparare il mangiare[6] per il marito. Ma poi le venne da piangere[7], e diceva:
– Oh, ne avessi lasciato in vita almeno uno[8]; ora mi aiuterebbe, e potrebbe portare da mangiare a suo padre in bottega!
Allora sentì una vocina che diceva:
– Mamma, non piangete! – Era uno dei figlioli, che s’era nascosto dietro il manico della brocca e s’era salvato. La donna fu tutta felice:
– Oh, caro, vieni fuori, come ti chiami?
– Cecino, – disse il bambino scivolando giù per la brocca.
– Bravo il mio Cecino! – disse la donna, – ora devi andare in bottega a portare da mangiare al babbo.
Preparò il paniere e lo mise in testa a Cecino.
Cecino cominciò ad andare e si vedeva solo il paniere[9] che sembrava camminasse da solo[10]. Domandò la strada a un paio di persone e tutti prendevano spavento[11]. Così arrivò alla bottega e chiamò:
– Babbo, babbo! Vieni: ti porto da mangiare.
Suo padre pensò: “Chi mi chiama? Io non ho mai avuto figlioli!” Uscì e vide il paniere e di sotto al paniere veniva una vocina:
– Babbo, alza il paniere che mi vedrai. Sono tuo figlio Cecino, nato stamattina.
Alzò il paniere e vide Cecino.
– Bravo, Cecino! – disse il babbo, che faceva il magnano, – ora verrai con me che devo fare un giro per le case dei contadini per sentire se hanno qualcosa di rotto da accomodare.
Così il babbo si mise in tasca Cecino e andarono. Per la strada non facevano che[12] chiacchierare e la gente vedeva l’uomo che pareva parlasse da solo, e pareva fosse matto.
Chiedeva nelle case: – Avete nulla da stagnare?
– Sì, – gli risposero, – ma a voi non la diamo perché siete matto.
– Come matto? Io sono più savio di voi! Cosa dite?
– Diciamo che per la strada non fate che parlare da solo.
– Macché solo. Discorrevo con mio figlio.
– Dove l’avete questo figlio?
– In tasca.
– Ecco: cosa dicevamo? Siete matto.
– Be’, ve lo farò vedere[13], – e tirò fuori Cecino a cavallo[14] d’un suo dito.
– Oh, che bel figliolo! Mettetelo a lavorare da noi, che gli facciamo far la guardia al bue.
– Ci staresti, Cecino?
– Sì.
– E allora, ti lascio qui e passerò a riprenderti stasera.
Cecino fu messo a cavallo d’un corno del bue e pareva che il bue fosse solo. Passarono due ladri e visto il bue incustodito lo vollero rubare. Ma Cecino si mise a gridare[15]: – Padrone! Vieni, padrone!
Corse il contadino e i ladri gli chiesero: – Buon uomo, da dove viene questa voce?